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Il Regno Delle Ombre
Morgan Rice


Re e Stregoni #5
Un fantasy pieno zeppo di azione che sicuramente verrà apprezzato dai fan dei precedenti romanzi di Morgan Rice insieme ai sostenitori di opere come il CICLO DELL’EREDITÀ di Christopher Paolini.. Amanti del fantasy per ragazzi divoreranno quest'ultima opera della Rice e imploreranno di averne ancora. The Wanderer, A Literary Journal (Parlando de L'Ascesa dei Draghi) Ne IL REGNO DELLE OMBRE, Kyra si ritrova nel mezzo di una capitale on fiamme, a combattere per la propria vita. Con la sua amata patria distrutta, Le Fiamme abbattute e i troll che si riversano all’interno, Kyra deve partire per un’urgente impresa a Marda, per recuperare un’arma magica prima che sia troppo tardi, anche se questo la porterà nel cuore più profondo dell’oscurità. Duncan si trova intrappolato, insieme agli altri, nella capitale incendiata, e usa tutto il suo ingegno per trovare i suoi uomini, tentare la fuga e raggruppare i suoi eserciti per attaccare Pandesia. Dall’altra parte del regno Merk naviga insieme alla figlia del re Tarnis nel mezzo della Baia della Morte, abbandonando la Torre di Kos e dirigendosi verso l’isola dei guerrieri di Knosso. Inseguiti da Vesuvio e dal suo esercito di troll, nel mezzo delle più minacciose acque del mondo, sanno di avere poche possibilità di raggiungere l’isola, e ancora meno di fuggire. Dierdre e Marco sopravvivono alla gigantesca ondata che ha distrutto Ur, e vengono ad assistere alla loro amata città che viene sommersa. Ora che tutti coloro che conoscevano e amavano sono perduti o morti, devono raccogliere i pezzi e mettersi in viaggio verso l’unica persona che sanno essere ancora in vita: Kyra. Nel frattempo Alec naviga nuovamente verso Escalon con il popolo delle Isole Perdute, tenendo la preziosa spada che potrebbe cambiare ogni cosa. Ma nessuno si aspetta di trovare una terra distrutta, una terra ora infestata dai draghi. Con la sua forte atmosfera e i suoi personaggi complessi, IL REGNO DELLE OMBRE è una saga di cavalieri e guerrieri, re e signori, onore e valore, magia, destino, mostri e draghi. È una storia di amore e cuori spezzati, di inganno, ambizione e tradimento. È un fantasy perfetto, che ci porta in un mondo che vivrà in noi per sempre e che incanterà lettori di ogni età. Il libro numero #6 della serie RE E STREGONI è di prossima pubblicazione. Se pensavate che non ci fosse più alcuna ragione di vita dopo la fine della serie L’ANELLO DELLO STREGONE, vi sbagliavate. In L’ASCESA DEI DRAGHI Morgan Rice è arrivata a ciò che promette di essere un’altra brillante saga, immergendoci in un mondo fantastico fatto di troll e draghi, di valore, onore e coraggio, magia e fede nel proprio destino. Morgan è riuscita di nuovo a creare un forte insieme di personaggi che ci faranno tifare per loro pagina dopo pagina… Consigliato per la biblioteca permanente di tutti i lettori amanti dei fantasy ben scritti. Books and Movie ReviewsRoberto Mattos





Morgan Rice

IL  REGNO    DELLE    OMBRE RE E STREGONI—LIBRO 5




Morgan Rice

Morgan Rice è autrice numero uno e oggi autrice statunitense campione d’incassi delle serie epiche fantasy L’ANELLO DELLO STREGONE, che comprende diciassette libri, della serie campione d’incassi APPUNTI DI UN VAMPIRO, che comprende undici libri (e che continuerà a pubblicarne altri); della serie campione d’incassi LA TRILOGIA DELLA SOPRAVVIVENZA, un thriller post-apocalittico che comprende due libri (e che continuerà a pubblicarne); e della nuova serie epica fantasy RE E STREGONI, che comprende sei libri. I libri di Morgan sono disponibili in formato stampa e audio e sono tradotti in 25 lingue.

TRAMUTATA (Libro #1 in Appunti di un Vampiro) ARENA UNO (Libro #1 de La Trilogia della Sopravvivenza),UN’IMPRESA DA EROI (Libro #1 in L’Anello dello Stregone) e L’ASCESA DEI DRAGHI (Libro 1 un Re e Stregoni) sono tutti disponibili per essere scaricati gratuitamente!

Morgan ama ricevere i vostri messaggi e commenti, quindi sentitevi liberi di visitare il suo sito www.morganricebooks.com (http://www.morganricebooks.com/) per iscrivervi alla sua mailing list, ricevere un libro in omaggio, gadget gratuiti, scaricare l’app gratuita e vedere in esclusiva le ultime notizie. Connettetevi a Facebook e Twitter e tenetevi sintonizzati!



Cosa dicono di Morgan Rice

“Se pensavate che non ci fosse più alcuna ragione di vita dopo la fine della serie L’ANELLO DELLO STREGONE, vi sbagliavate. In L’ASCESA DEI DRAGHI Morgan Rice è arrivata a ciò che promette di essere un’altra brillante saga, immergendoci in un mondo fantastico fatto di troll e draghi, di valore, onore e coraggio, magia e fede nel proprio destino. Morgan è riuscita di nuovo a creare un forte insieme di personaggi che ci faranno tifare per loro pagina dopo pagina… Consigliato per la biblioteca permanente di tutti i lettori amanti dei fantasy ben scritti.”

–-Books and Movie Reviews

Roberto Mattos



“L'ASCESA DEI DRAGHI ottiene grande successo direttamente dall'inizio… Un fantasy superiore… Inizia, come dovrebbe, con le lotte di un protagonista e si sposta poi nettamente verso una cerchia più ampia di cavalieri, draghi, magia, mostri e destino… Vi si trovano tutti gli intrighi di un fantasy di alto livello, dai soldati e le battaglie ai confronti con se stessi… Un libro di successo raccomandato per coloro che amano le storie epiche e fantasy pregne di giovani protagonisti potenti e credibili.”

–-Midwest Book Review

D. Donovan, eBook Reviewer



“Un fantasy pieno zeppo di azione che sicuramente verrà apprezzato dai fan dei precedenti romanzi di Morgan Rice insieme ai sostenitori di opere come il CICLO DELL’EREDITÀ di Christopher Paolini… Amanti del fantasy per ragazzi divoreranno quest'ultima opera della Rice e imploreranno di averne ancora.”

–-The Wanderer, A Literary Journal (Parlando de L'Ascesa dei Draghi)



“Un meraviglioso fantasy nel quale si intrecciano elementi di mistero e intrigo. Un’impresa da eroi parla della presa di coraggio e della realizzazione di uno scopo di vita che porta alla crescita, alla maturità e all’eccellenza… Per quelli che cercano corpose avventure fantasy: qui i protagonisti, gli stratagemmi e l’azione forniscono un vigoroso insieme di incontri che ben si concentrano sull’evoluzione di Thor da ragazzino sognatore e giovane che affronta l’impossibile pur di sopravvivere… Solo l’inizio di ciò che promette di essere una serie epica per ragazzi.”

--Midwest Book Review (D. Donovan, eBook Reviewer)



“L’ANELLO DELLO STREGONE ha tutti gli ingredienti per un successo immediato: intrighi, complotti, mistero, cavalieri valorosi, storie d’amore che fioriscono e cuori spezzati, inganno e tradimento. Una storia che vi terrà incollati al libro per ore e sarà in grado di riscuotere l’interesse di persone di ogni età. Non può mancare sugli scaffali dei lettori di fantasy.”

–-Books and Movie Reviews, Roberto Mattos



“In questo primo libro pieno zeppo d’azione della serie epica fantasy L’Anello dello Stregone (che conta attualmente 14 libri), la Rice presenta ai lettori il quattordicenne Thorgrin “Thor” McLeod, il cui sogno è quello di far parte della Legione d’Argento, i migliori cavalieri al servizio del re… Lo stile narrative della Rice è solido e le premesse sono intriganti.”

--Publishers Weekly



Libri di Morgan Rice




RE E STREGONI


L’ASCESA DEI DRAGHI (Libro #1)


L’ASCESA DEL PRODE (Libro #2)


IL PESO DELL’ONORE (Libro #3)


LA FORGIA DEL VALORE (Libro #4)


IL REGNO DELLE OMBRE (Libro #5)


LA NOTTE DEL CORAGGIOSO (Libro #6)




L’ANELLO DELLO STREGONE


UN’IMPRESA DA EROI (Libro #1)


LA MARCIA DEI RE (Libro #2)


DESTINO DI DRAGHI (Libro #3)


GRIDO D’ONORE (Libro #4)


VOTO DI GLORIA (Libro #5)


UN COMPITO DI VALORE (Libro #6)


RITO DI SPADE (Libro #7)


CONCESSIONE D’ARMI (Libro #8)


UN CIELO DI INCANTESIMI (Libro #9)


UN MARE DI SCUDI (Libro #10)


REGNO D’ACCIAIO (Libro #11)


LA TERRA DEL FUOCO (Libro #12)


LA LEGGE DELLE REGINE (Libro #13)


GIURAMENTO FRATERNO (Libro #14)


SOGNO DA MORTALI (Libro #15)


GIOSTRA DI CAVALIERI (Libro #16)


IL DONO DELLA BATTAGLIA (Libro #17)




LA TRILOGIA DELLA SOPRAVVIVENZA


ARENA UNO: MERCANTI DI SCHIAVI (Libro #1)


ARENA DUE (Libro #2)




APPUNTI DI UN VAMPIRO


TRAMUTATA (Libro #1)


AMATA (Libro #2)


TRADITA (Libro #3)


DESTINATA (Libro #4)


DESIDERATA (Libro #5)


PROMESSA (Libro #6)


SPOSA (Libro #7)


TROVATA (Libro #8)


RISORTA (Libro #9)


BRAMATA (Libro #10)


PRESCELTA (Libro #11)












Ascolta RE E STREGONI nella sua edizione Audio libro!



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Copyright В© 2015 by Morgan Rice

All rights reserved. Except as permitted under the U.S. Copyright Act of 1976, no part of this publication may be reproduced, distributed or transmitted in any form or by any means, or stored in a database or retrieval system, without the prior permission of the author.

This ebook is licensed for your personal enjoyment only. This ebook may not be re-sold or given away to other people. If you would like to share this book with another person, please purchase an additional copy for each recipient. If you’re reading this book and did not purchase it, or it was not purchased for your use only, then please return it and purchase your own copy. Thank you for respecting the hard work of this author.

This is a work of fiction. Names, characters, businesses, organizations, places, events, and incidents either are the product of the author’s imagination or are used fictionally. Any resemblance to actual persons, living or dead, is entirely coincidental.

Jacket image Copyright Algol, used under license from Shutterstock.com.








“La vita è solo un’ombra che cammina, un povero attorello sussiegoso,
che si dimena sopra un palcoscenico,
per il tempo assegnato alla sua parte
e poi di lui non si udirà più nulla.”

В В В В --William Shakespeare, Macbeth






CAPITOLO UNO


Il capitano della Guardia Reale si trovava in cima alla torretta di controllo e guardava le centinaia di Guardiani ai suoi piedi, tutti giovani soldati che sorvegliavano Le Fiamme sotto il suo occhio attento, e intanto sospirava per il malcontento. Un uomo che avrebbe potuto guidare battaglioni, il capitano considerava come un quotidiano insulto il suo essere relegato lì, ai remoti confini di Escalon, destinato a guardare un disordinato gruppo di criminali che venivano definiti soldati. Quelli non erano soldati: erano schiavi, criminali, ragazzi, vecchi, i reietti della società, tutti ingaggiati per sorvegliare un muro di fuoco che non cambiava da un migliaio di anni. Era veramente soltanto un’incensata galera, e lui certo meritava di meglio. Meritava di trovarsi in qualsiasi altro posto, ma non lì, davanti alle porte reali di Andros.

Il capitano diede un’occhiata verso il basso, con scarso interesse, mentre si verificava l’ennesima zuffa, la terza ormai quel giorno. Quella sembrava essere scoppiata tra due ragazzi cresciuti un po’ troppo che litigavano per un pezzetto di pane. Un gruppo di ragazzi urlanti subito si raccolse attorno a loro, incitandoli. Questo era tutto ciò in cui potevano sperare, là fuori. Erano tutti estremamente annoiati, costretti a sorvegliare Le Fiamme giorno dopo giorno; tutti assetati di sangue. E lui lasciava che avessero il loro divertimento. Se si uccidevano, tanto meglio: ci sarebbero stati per lui due ragazzi i meno da sorvegliare.

Si levò un grido mentre uno dei ragazzi aveva la meglio sull’altro, piantandogli un pugnale nel cuore. Il ragazzo si afflosciò mentre gli altri esultavano per la sua morte e poi si avventavano sul suo corpo per arraffare qualsiasi cosa vi potessero trovare. Almeno era stata una morte misericordiosamente rapida, molto meglio di quelle lente che gli altri avrebbero affrontato in quel luogo. Il vincitore si fece avanti, spinse gli altri da parte e si chinò afferrando il tozzo di pane dalla tasca del morto e infilandolo nella propria.

Era semplicemente un giorno come un altro lì a Le Fiamme, e il capitano ardeva di indignazione. Non si meritava tutto questo. Aveva fatto un errore, disobbedendo una volta a un ordine diretto, e come punizione era stato spedito lì. Non era giusto. Cosa non avrebbe dato per essere in grado di tornare indietro e cambiare quel momento passato. Era convinto che la vita potesse essere estremamente eccitante, estremamente assoluta, ma anche assolutamente crudele.

Il capitano, rassegnato al suo destino, si voltò a guardare Le Fiamme. C’era qualcosa nell’onnipresente crepitio, dopo tutti quegli anni, che era per lui seducente, ipnotico. Era come tenere gli occhi fissi sul volto di Dio stesso. Mentre si perdeva in quel bagliore, si interrogava sulla natura della vita. Sembrava tutto così insignificante. Il suo ruolo lì – il ruolo di tutti quei ragazzi in quel luogo – gli apparivano così insignificanti. Le Fiamme si ergevano da migliaia di anni e non sarebbero mai morte. E fintanto che avessero continuato ad ardere, la nazione di troll non avrebbe mai potuto fare irruzione. Marda si poteva anche trovare dall’altra parte del mare. Se fosse stato per lui, avrebbe preso i migliori tra quei ragazzi e li avrebbe messi di pattuglia da qualche altra parte ad Escalon, lungo le coste, dove sarebbero veramente stati utili. Quindi avrebbe giustiziato tutti i criminali che si trovavano tra loro.

Il capitano perse la concezione del tempo, come spesso gli accadeva, perdendosi nel bagliore del fuoco, e solo in tarda giornata si riscosse improvvisamente, allerta. Aveva visto qualcosa, qualcosa che non poteva capire del tutto. Si strofinГІ gli occhi, convinto di aver avuto una visione. Ma quando guardГІ con maggiore attenzione, si rese lentamente conto che non erano per niente visioni. Il mondo stava cambiando davanti ai suoi occhi.

Lentamente il continuo crepitio, quello accanto al quale aveva vissuto in ogni momento di veglia sin da quando era arrivato lì, si spense. Il calore che sempre gli aveva inondato il volto improvvisamente svanì, lasciandogli un brivido, un vero brivido, il primo da quando era lì. E poi, mentre guardava, la colonna di brillanti fiamme rosse e arancio, quelle che gli avevano bruciato gli occhi, che erano state accese giorno e notte ininterrottamente, per la prima volta si spense.

Scomparve.

Il capitano si strofinò gli occhi di nuovo, incredulo. Stava sognando? Davanti a lui, mentre osservava, Le Fiamme si stavano abbassando fino a terra, come un sipario che veniva calato. E un attimo dopo non c’era più nulla.

Niente.

Il capitano smise di respirare, il panico e l’incredulità lentamente presero il sopravvento su di lui. Si trovò a guardare, per la prima volta, verso ciò che si trovava dall’altra parte: Marda. Ne aveva una visuale chiara e completa. Era una terra completamente nera: montagne desolate e nere, rocce frastagliate e nere, terra nera, morta, alberi neri. Era una terra che non avrebbe mai dovuto vedere. Una terra che nessuno ad Escalon avrebbe dovuto vedere.

Calò un sorpreso silenzio mentre i ragazzi di sotto, per la prima volta, smettevano di bisticciare tra loro. Tutti paralizzati dallo shock si voltarono a guardare. Il muro di fuoco era scomparso e lì davanti a loro, dall’altra parte, intenti a guardarli bramosi, c’erano un intero esercito di troll che riempivano il territorio fino all’orizzonte.

Una nazione.

Il capitano si sentì il cuore sprofondare in petto. Lì, a pochi passi di distanza, si trovava la nazione delle bastie più disgustose che avesse mai visto: enormi, malformati, tutti con grosse alabarde in mano e tutti in paziente attesa del loro momento. Milioni di troll li fissavano, apparentemente stupiti quanto loro mentre si rendevano conto che non c’era più nulla a separarli da Escalon.

Le due nazioni si trovavano lì, una di fronte all’altra. I troll erano raggianti di vittoria, gli umani in completo panico. Dopotutto lì c’erano poche centinaia di uomini, schierati contro un milione di troll.

Si levò un grido a spezzare il silenzio. Veniva dalla parte dei troll: un grido di trionfo, seguito da un forte tuono, mentre i troll si lanciavano all’attacco. Avanzavano rombanti come una mandria di bufali, sollevando le alabarde e tagliando le teste dei ragazzi paralizzati dal panico e che non riuscirono a raccogliere il coraggio neanche per mettersi a correre. Fu un’ondata di morte, un’ondata di distruzione.

Il capitano stesso rimase fermo sulla sua torretta, troppo spaventato per fare qualsiasi cosa, anche solo per sguainare la sua spada mentre i troll gli correvano incontro. Un momento dopo si sentì cadere mentre la folla imbufalita lo spingeva giù dalla sua torretta. Si sentì cadere tra le braccia dei troll e gridò sentendo che lo tiravano con i loro artigli, facendolo a pezzi.

E mentre si trovava lì, morente, sapendo ciò che attendeva Escalon, un ultimo pensiero gli attraversò la mente: il ragazzo che era stato pugnalato, che era morto per un tozzo di pane, era stato alla fine il più fortunato di tutti.




CAPITOLO DUE


Dierdre si sentiva schiacciare i polmoni mentre roteava su se stessa sott’acqua, in disperato bisogno di aria. Cercava di orientarsi, ma non ne era capace. Veniva spinta con violenza da enormi onde, il mondo era sottosopra e continuava a girare. Voleva più di ogni altra cosa prendere una boccata d’aria, tutto il suo corpo urlava nella richiesta di ossigeno, ma sapeva che farlo avrebbe significato morte certa.

Chiuse gli occhi e urlò, con le lacrime che si mescolavano all’acqua, chiedendosi se quell’inferno avrebbe mai avuto fine. L’unico conforto le veniva dal pensare a Marco. Lo aveva visto, insieme a lei, roteare in acqua. Lo aveva sentito tenerle la mano e si voltò a cercarlo. Ma non vide nulla, nient’altro che oscurità e onde di schiuma, acqua che si infrangeva spingendola in basso. Ipotizzò che Marco fosse ormai bell’è morto.

Dierdre voleva piangere, ma il dolore le scacciava dalla mente ogni pensiero di autocommiserazione e la faceva pensare solo alla sopravvivenza. Proprio quando pensava che le onde non potessero essere più forti di così, quelle la schiacciavano verso il suolo, spingendola verso il basso con una tale forza da farla sentire come se l’intero peso del mondo fosse sopra di lei. Sapeva che non sarebbe sopravvissuta.

Ironico, pensò, morire lì, nella sua città natale, schiacciata dalla marea di onde create dalle cannonate pandesiane. Avrebbe di gran lunga preferito morire in un altro modo. Pensava di poter gestire più o meno qualsiasi genere di morte, eccetto quella per annegamento. Non riusciva a sopportare quell’orrendo dolore, quel dimenarsi, quell’essere incapace di aprire la bocca e prendere quella boccata d’aria che ogni angolo del suo corpo desiderava così intensamente.

Si sentì divenire più debole, sentì che stava cedendo al dolore. A quel punto, proprio quando gli occhi stavano per chiudersi, proprio quando pensava di non poter resistere un secondo di più, si sentì improvvisamente girare e salire rapidamente verso l’alto, sostenuta dall’onda con la stessa forza con cui l’aveva schiacciata giù. Salì con lo slancio di una catapulta, diretta a tutta birra verso la superficie, scorgendo la luce del sole e con la pressione che le faceva un male indicibile alle orecchie.

Con suo shock si trovò un attimo dopo in superficie. Annaspò prendendo enormi boccate d’aria, più riconoscente di quanto mai si fosse sentita in vita sua. Annaspò inglobando più aria possibile e un attimo dopo, con suo immenso orrore, si ritrovò ad essere nuovamente risucchiata sott’acqua. Ma questa volta aveva abbastanza ossigeno per resistere un po’ di più. E poi questa volta l’acqua non la spinse così in basso.

Risalì presto di nuovo, riaffiorando e prendendo un’altra boccata d’aria prima di essere risospinta sotto un’altra volta ancora. Era diverso ogni volta, l’onda stava perdendo forza e quando tornò in superficie di nuovo, sentì che la marea stava raggiungendo il limitare della città esaurendosi.

Dierdre si trovò presto oltre i confini della città, oltre i grandi edifici, tutti ora sommersi. Venne spinta nuovamente sott’acqua, ma abbastanza lentamente da riuscire finalmente ad aprire gli occhi e vedere sotto di sé tutti gli edifici che una volta si erano eretti così maestosi. Vide anche un sacco di cadaveri che galleggiavano in acqua passandole accanto, come pesci. Erano corpi le cui espressioni di morte aveva già cercato di levarsi dalla mente.

Finalmente, non poteva dire dopo quanto tempo, Dierdre tornò in superficie, questa volta definitivamente. Era abbastanza forte da poter far fronte all’ultima debole onda che cercava di risucchiarla per l’ennesima volta, e con un’ultima scalciata rimase a galla. L’acqua del porto si era portata troppo all’interno e non era rimasto posto dove andare. Dierdre si sentì trasportata su un prato erboso da qualche parte, mentre le acque arretravano e tornavano al mare lasciandola lì da sola.

Rimase sdraiata prona, il volto piantato nell’erba fradicia, lamentandosi per il dolore. Stava ancora ansimando, i polmoni le facevano male, ma inalava profondamente e assaporava ogni respiro. Riuscì lentamente a ruotare la testa, a guardarsi alle spalle, e fu inorridita nel vedere quella che un tempo era stata una grandiosa città e che ora non era altro che mare. Scorse solo la parte più alta del campanile che spuntava di qualche metro e si meravigliò pensando che un tempo si innalzava di decine di metri.

Oltre che esausta, Dierdre alla fine si lasciò andare. Il volto le cadde a terra mentre se ne stava sdraiata lì, permettendo al dolore di sopraffarla. Anche se ci avesse provato, non sarebbe riuscita a muoversi.

Pochi attimi dopo era completamente addormentata, viva a stento su un remoto prato in un angolo del mondo. Ma in qualche modo era viva.


*

“Dierdre,” disse una voce, accompagnata da un leggero colpetto.

Dierdre aprì lentamente gli occhi, meravigliata di constatare che era il tramonto. Congelata, gli abiti ancora bagnati, cercò di orientarsi, chiedendosi da quanto si trovasse lì distesa, chiedendosi se fosse viva o morta. Poi la mano si fece sentire ancora, dandole un altro colpetto sulla spalla.

Dierdre sollevò lo sguardo e lì, con suo immenso sollievo, vide Marco. Era vivo, e lei era felicissima di vederlo. Sembrava abbattuto, tirato, troppo pallido, come se fosse invecchiato di cento anni. Ma era vivo. In qualche modo era riuscito a sopravvivere.

Marco stava inginocchiato accanto a lei, sorridendo ma guardandola con occhi tristi, occhi che non brillavano di vita come una volta.

“Marco,” rispose lei debolmente, sorpresa di quanto roca fosse la sua stessa voce.

NotГІ un taglio profondo sul lato del suo volto e preoccupata allungГІ una mano per toccarlo.

“Sembri preso male tanto quanto me,” disse.

Lui la aiutò a rimettersi in piedi, il corpo dolorante per tutti i colpi e le botte, i graffi e i tagli lungo braccia e gambe. Ma controllando ogni arto notò che almeno non c’era nulla di rotto.

Dierdre fece un respiro profondo e si irrigidì voltandosi per guardare dietro di sé. Come temeva era un incubo: la sua amata città era scomparsa e ora non era altro che un pezzo di mare. L’unica cosa che spuntava e si vedeva era una parte del campanile. Oltre, all’orizzonte, vide la flotta di nere navi pandesiane che si avvicinavano sempre più verso l’entroterra.

“Non possiamo stare qui,” disse Marco con urgenza. “Stanno arrivando.”

“Dove possiamo andare?” chiese Dierdre sentendosi priva di speranza.

Marco la guardГІ con occhi vuoti, chiaramente non avendone idea neppure lui.

Dierdre guardГІ verso il tramonto, cercando di pensare, con il sangue che le batteva nelle orecchie. Tutti coloro che lei conosceva e amava erano morti. Sentiva che non le era rimasto nulla per cui vivere, nessun posto dove andare. Dove si poteva andare quando la propria cittГ  era distrutta? Quando il peso del mondo intero ti schiacciava a terra?

Dierdre chiuse gli occhi e scosse la testa, addolorata, desiderando che tutto questo scomparisse. Sapeva che suo padre era laggiù, morto. I suoi soldati erano pure tutti morti. Gente che aveva conosciuto e amato per tutta la vita, tutti morti, tutti per mano di quei mostri pandesiani. Ora non era rimasto nessuno a fermarli. Quale motivo c’era per andare avanti?

Dierdre nonostante tutto scoppiò in lacrime. Pensando a suo padre cadde in ginocchio: si sentiva devastata. Continuò a piangere, avrebbe voluto morire lì lei stessa, desiderava essere già morta e maledisse il cielo per averla lasciata in vita. Perché non poteva semplicemente essere annegata tra le onde? Perché non poteva essere rimasta uccisa insieme a tutti gli altri? Perché era stata maledetta dalla vita stessa?

Sentì una mano confortante sulla spalla.

“Va tutto bene, Dierdre,” le disse Marco con voce morbida.

Dierdre sobbalzГІ, imbarazzata.

“Mi spiace,” disse alla fine, singhiozzando. “È solo che… mio padre… Ora non ho più nulla.”

“Hai perso ogni cosa,” disse Marco con voce pure pesante. “Anche io. Neanche io ho voglia di andare avanti. Ma dobbiamo. Non possiamo starcene qui sdraiati a morire. Getterebbe il disonore su di loro. Su tutto ciò per cui hanno vissuto e lottato.”

Nel lungo silenzio che seguì Dierdre lentamente si rizzò in piedi, rendendosi conto che Marco aveva ragione. E poi, guardando gli occhi castani di Marco che la fissavano con compassione, si rese conto che tutto sommato ce l’aveva qualcuno. Aveva Marco. Aveva anche lo spirito di suo padre che vegliava su di lei e che le chiedeva di essere forte.

Si sforzò di riscuotersi. Doveva essere forte. Suo padre avrebbe voluto che lei fosse forte. L’autocommiserazione non avrebbe aiutato nessuno, se ne rendeva conto. E neanche la sua morte sarebbe stata di alcun aiuto.

Guardò Marco e vide ben più che semplice compassione: vide nei suoi occhi anche l’amore per lei.

Non ancora pienamente consapevole di ciò che stava facendo e con il cuore che le batteva forte in petto, Dierdre si chinò e sfiorò le sue labbra in un bacio inaspettato. Per un momento si sentì trasportata in un altro mondo e tutte le preoccupazione svanirono.

Lentamente si ritrasse, guardandolo scioccata. Anche Marco era sorpreso. Le prese la mano.

Subito, incoraggiata e piena di speranza, Dierdre fu nuovamente capace di riflettere con chiarezza, e un pensiero le passò per la mente. C’era qualcun altro, un altro luogo e una persona dalla quale andare.

Kyra.

Dierdre provò un’improvvisa ondata di speranza.

“So dove dobbiamo andare,” disse con eccitazione.

Marco la guardГІ curioso.

“Kyra,” disse lei. “Possiamo trovarla. Lei ci aiuterà. Ovunque sia, sta combattendo. Possiamo unirci a lei.”

“Ma come puoi essere certa che sia viva,” le chiese Marco.

Dierdre scosse la testa.

“Non ne sono certa,” rispose. “Ma Kyra sopravvive sempre. È la persona più forte che io abbia mai incontrato.”

“Dove si trova?” chiese lui.

Dierdre si fermò a pensare e riportò alla mente l’ultima volta che aveva visto Kyra, quando andava verso nord, verso la Torre.

“La Torre di Ur,” disse.

Marco la guardГІ sorpreso, poi un baluginio di ottimismo gli brillГІ negli occhi.

“I Sorveglianti sono lì,” disse. “E ci sono anche altri guerrieri. Uomini che possono combattere per noi.” Annuì eccitato. “Buona scelta,” aggiunse. “In quella torre possiamo essere al sicuro. E se la tua amica è lì, tanto meglio. È a un giorno di cammino da qui. Andiamo. Dobbiamo fare presto.”

Le prese la mano e senza dire un’altra parola i due partirono, Dierdre riempita di un nuovo senso di ottimismo mentre si dirigevano verso la foresta e da qualche parte, all’orizzonte, verso la Torre di Ur.




CAPITOLO TRE


Kyra si teneva stretta mentre avanzava in un prato infuocato. Le fiamme si innalzavano fino al cielo e poi si abbassavano con la medesima rapidità diventando di diversi colori, accarezzandole la pelle mentre lei camminava con le braccia lungo i fianchi. Ne sentiva l’intensità, sentiva che il fuoco la avvolgeva, la stringeva in un abbraccio. Sapeva che stava andando verso la morte, ma non poteva cambiare direzione.

Eppure in qualche modo, incredibilmente, non sentiva alcun dolore. Provava invece un senso di pace. Il senso della propria vita che giungeva al termine.

Guardò avanti e attraverso le fiamme vide sua madre che la aspettava da qualche parte dalla parte opposta, dall’altro lato del prato. Provava un senso di pace sapendo che finalmente si sarebbe ritrovata tra le sue braccia.

Sono qui Kyra, la chiamava. Vieni da me.

Kyra fissava le fiamme riuscendo a distinguere appena il volto di sua madre, quasi trasparente, parzialmente nascosto dal muro di fuoco che si innalzava tutt’attorno. Si inoltrò più a fondo tra le fiamme crepitanti, incapace di fermarsi fino a che non si trovò circondata da ogni parte.

Un ruggito fendette l’aria, più forte ancora del suono del fuoco, e Kyra sollevò lo sguardo rimanendo sbalordita di fronte alla veduta di un cielo pieno di draghi. Volavano in cerchio e ruggivano, e mentre lei li guardava uno di essi, enorme, scese ruggendo dritto verso di lei.

Kyra sentiva che era la morte che le veniva incontro.

Mentre il drago si avvicinava con gli artigli protesi, improvvisamente il terreno vicini a lei si ritrasse e Kyra si trovГІ a cadere, a precipitare verso il cuore della terra, una terra piena di fiamme, un luogo dal quale sapeva che mai sarebbe fuggita.

Kyra aprì gli occhi di soprassalto, respirando affannosamente. Si guardò in giro, chiedendosi dove si trovasse, sentendosi dolorante in ogni parte del corpo. Provava dolore al volto, dove la guancia era gonfia e pulsante, e sollevando lentamente la testa provò difficoltà nel respirare, dato che aveva il volto ricoperto di fango. Si rese conto che si trovava sdraiata a faccia in giù nella terra e quando mise i palmi al suolo per tirarsi lentamente su, si tolse il fango dalla faccia chiedendosi cosa stesse accadendo.

Un improvviso ruggito squarciò l’aria e Kyra sollevò lo sguardo provando un’ondata di terrore scorgendo qualcosa in cielo, qualcosa che questa volta era reale. L’aria era piena di draghi di tutte le forme, misure e colori, tutti che volavano in cerchio, ruggendo e sputando fuoco, infuriati. Mentre li guardava, uno di essi scese e soffiò una colonna di fiamme che dal cielo raggiunse il terreno.

Kyra si guardГІ in giro osservando i dintorni e il cuore le accelerГІ di un battito rendendosi conto di dove si trovava: Andros.

Tutto le tornГІ in mente di colpo. Stava volando in groppa a Theon, diretta verso Andros per salvare suo padre, quando erano stati attaccati in cielo da un branco di draghi. Erano apparsi dal nulla in mezzo al cielo, avevano morso Theon e li avevano fatti cadere a terra. Kyra si rese conto di aver probabilmente perso i sensi.

Ora si era destata per un’ondata di calore, di orrendi ruggiti, per la capitale nel caos: guardandosi attorno vide che c’era fuoco dappertutto. Ovunque la gente correva per mettersi in salvo, gridando mentre il fuoco scendeva a ondate, come una tempesta. Era come se fosse sopraggiunta la fine del mondo.

Kyra udì un respiro affannoso e il cuore le sprofondò nel petto vedendo Theon sdraiato vicino a lei, riverso su un fianco, ferito e con il sangue che colava dalle scaglie. Aveva gli occhi chiusi, la lingua gli penzolava dal lato della bocca e sembrava essere sul punto di morire. Kyra si rese conto che l’unico motivo per cui erano ancora vivi era che entrambi erano ricoperti da un cumulo di macerie. Dovevano essere stati scagliati contro un edificio che era poi collassato sopra di loro. Almeno questo li aveva tenuti al riparo, nascosti dalla vista dei draghi che volavano in alto.

Kyra sapeva che doveva immediatamente tirare lei e Theon fuori da lì. Non avevano molto tempo prima che i draghi si accorgessero di loro.

“Theon!” disse con urgenza.

Si voltò e si alzò, schiacciata dalle macerie. Finalmente riuscì a togliersi di dosso i grossi pezzi dalla schiena e a liberarsi. Poi corse verso Theon e iniziò a ripulire la montagna di macerie che lo ricopriva. Riuscì a spazzare via la maggior parte delle rocce, ma quando si mise a spingere il masso più grosso dalla sua schiena, quello che lo teneva bloccato a terra, non ottenne nulla. Non contava quanto si sforzasse: non si muoveva.

Kyra corse ad afferrare il muso del drago, disperatamente desiderosa di sollevarlo. Gli accarezzò le scaglie e lentamente, con suo sollievo, Theon aprì gli occhi. Ma subito li richiuse e lei lo scosse con maggior impeto.

“Alzati!” gli disse. “Ho bisogno di te!”

Theon aprì di nuovo gli occhi, lentamente, poi si voltò a guardarla. Il dolore e la rabbia nel suo sguardo si addolcirono quando la vide. Cercò di spostarsi, di alzarsi, ma era chiaramente troppo debole: il masso lo schiacciava a terra.

Kyra spinse il sasso con furia, ma poi scoppiò a piangere rendendosi conto che non era capace neppure di muoverlo. Theon era incastrato. Sarebbe morto lì. E sarebbe morta anche lei.

Udendo un ruggito, Kyra sollevò lo sguardo e vide un enorme drago con verdi scaglie appuntite che li aveva scorti. Ruggì con furia e iniziò a scendere verso di loro.

Lasciami qui.

Kyra udì una voce riverberare profondamente dentro di lei. La voce di Theon.

Vai a nasconderti. Vattene lontano da qui. Fino a che c’è ancora tempo.

“No!” gridò lei, scossa, rifiutandosi di abbandonarlo.

Vai. Insistette lui. Altrimenti moriremo qui tutti e due.

“E allora moriremo tutti e due!” gridò lei, sopraffatta da una ferrea determinazione. Non avrebbe abbandonato il suo amico. Mai.

Il cielo si fece più buio e Kyra sollevò lo sguardo vedendo l’enorme drago che scendeva con gli artigli protesi. Aprì la bocca mettendo in luce file di denti affilati, e lei capì che mai sarebbe sopravvissuta. Ma non le interessava. Non avrebbe abbandonato Theon. La morte l’avrebbe presa, ma non la codardia. Non aveva paura di morire.

Solo di non vivere come si deve.




CAPITOLO QUATTRO


Duncan correva insieme agli altri attraverso le vie di Andros, zoppicando, facendo del suo meglio per tenere il passo con Aidan, Motley e la ragazzina che c’era con loro, Cassandra, mentre il cane di Aidan – Bianco – gli stava alle calcagna e lo spingeva avanti. A tirarlo per un braccio c’erano il suo vecchio e fidato comandante Anvin e il suo nuovo scudiero Septin al fianco, che cercava di fare del suo meglio per continuare ad andare avanti, sebbene evidentemente fuori forma lui stesso. Duncan vedeva quanto fosse ferito l’amico ed era commosso che fosse venuto in quelle condizioni, che avesse rischiato la vita e avesse fatto tutta quella strada per salvarlo.

Lo squinternato gruppo correva lungo le strade di Andros devastate dalla guerra, con il caos che esplodeva tutt’attorno e ogni probabilità di sopravvivenza contro di loro. Da una parte Duncan si sentiva estremamente sollevato di essere libero, felice di rivedere suo figlio, riconoscente di trovarsi insieme a tutti loro. Ma guardando il cielo sentiva anche di aver lasciato una cella solo per ritrovarsi scagliato contro morte certa. Il cielo era pieno di draghi che volavano in cerchio, che scendevano verso il basso abbattendo edifici, distruggendo la città sputando spaventose colonne di fuoco. Intere strade erano piene di fiamme e bloccavano il gruppo a ogni svolta. Trovando le vie una dopo l’altra impraticabili, la fuga dalla capitale si faceva sempre meno probabile.

Motley chiaramente conosceva molto bene quei vicoli e guidava tutti loro con destrezza, svoltando in una stradina dopo l’altra e trovando scorciatoie ovunque, riuscendo ad evitare i girovaghi gruppi di Pandesiani che erano l’altra minaccia da cui fuggire. Ma nonostante tutta la sua abilità, neanche Motley poteva evitare i draghi e quando svoltarono in un’altra via, anche quella si riempì improvvisamente di fuoco. Si fermarono tutti di colpo, i volti scaldati dalle fiamme, e arretrarono.

Duncan, ricoperto di sudore mentre arretrava, guardò Motley e non fu per niente sollevato vedendo che questa volta l’uomo si girava da ogni parte con il volto velato dal panico.

“Da questa parte!” disse alla fine.

Si girГІ e li condusse lungo un altro vicolo e tutti si abbassarono al di sotto di un arco di pietra proprio un attimo prima che un drago scorgesse il posto che avevano appena lasciato e lo colpisse con una nuova ondata di fuoco.

Mentre correvano Duncan era addolorato nel vedere quella grandiosa cittГ  fatta a pezzi, quel luogo che un tempo aveva amato e difeso. Non poteva fare a meno di sentirsi come se Escalon non potesse mai piГ№ tornare alla sua gloria passata. Che la sua patria fosse rovinata per sempre.

Si udì un grido e Duncan si guardò alla spalle vedendo una decina di soldati pandesiani che li avevano scorti. Li stavano rincorrendo lungo il vicolo e guadagnavano terreno. Duncan sapeva che non poteva combattere contro di loro: non avrebbero mai potuto batterli. L’uscita dalla città era ancora lontana e il loro tempo era scaduto.

Poi improvvisamente si udì un forte schianto e Duncan sollevò lo sguardo vedendo un drago che colpiva il campanile con i suoi artigli.

“Attenti!” gridò.

Si lanciГІ in avanti e spinse Aidan e gli altri da parte un attimo prima che i resti della torre cadessero a terra. Un enorme pezzo di pietra cadde dietro di lui con un tonfo assordante, sollevando una marea di polvere.

Aidan guardГІ suo padre con gli occhi colmi di sorpresa e gratitudine e Duncan provГІ un senso di soddisfazione per aver almeno salvato la vita al proprio figlio.

Duncan udì le grida attutite e voltandosi si rese conto, con gratitudine, che le macerie avevano almeno bloccato la strada ai soldati che li stavano inseguendo.

Continuarono a correre: Duncan faceva fatica a tenere il passo, la sua debolezza e le sue ferite dovute alla prigionia lo debilitavano. Era ancora malnutrito, acciaccato ed emaciato, e ogni passo era uno sforzo doloroso per lui. Ma si sforzГІ di andare avanti, se non altro per assicurarsi che suo figlio e i suoi amici sopravvivessero. Non poteva abbandonarli.

Svoltarono a uno stretto angolo e raggiunsero una biforcazione tra i vicoli. Si fermarono e guardarono Motley.

“Dobbiamo uscire da questa città!” gridò Cassandra, chiaramente frustrata. “E tu neanche sai dove stai andando!”

Motley guardГІ prima a destra e poi a sinistra, evidentemente disorientato.

“C’era un bordello in fondo a questo vicolo,” disse guardando a destra. “Porta fuori dal retro della città.”

“Un bordello?” ribatté Cassandra. “Ti intrattieni con belle compagnie.”

“Non mi interessano le tue compagnie,” aggiunse Anvin. “Basta che ci porti fuori da qui.”

“Speriamo solo che non sia bloccato,” aggiunse Aidan.

“Andiamo!” gridò Duncan.

Motley si rimise a correre, svoltando a destra, fuori forma e ansimante.

Tutti si voltarono e lo seguirono, riponendo le loro speranze in Motley che correva attraverso i deserti vicoli secondari della capitale.

Svoltarono diverse volte e alla fine arrivarono a un basso passaggio ad arco. Si abbassarono tutti attraversandolo e quando emersero dall’altra parte Duncan fu sollevato di trovarlo aperto. Fu emozionato nel vedere, in lontananza, i cancelli posteriori di Andros e le pianure aperte e il deserto al di là. Subito dietro al cancello si trovavano una decina di cavalli pandesiani, legati e chiaramente abbandonati dai loro morti cavalieri.

Motley sorrise.

“Ve l’avevo detto,” disse.

Duncan corse insieme agli altri, acquistando velocità, sentendosi tornare l’uomo di un tempo, sentendo una nuova ondata di speranza. Ma improvvisamente si udì un grido che gli perforò l’anima.

Si fermГІ di colpo, in ascolto.

“Aspettate,” gridò agli altri.

Tutti si fermarono e lo guardarono come se fosse pazzo.

Duncan rimaneva fermo, in attesa. Poteva essere? Poteva giurare di aver udito la voce di sua figlia. Kyra. Aveva la traveggole?

Di certo doveva esserselo immaginato. Come poteva lei trovarsi lì, ad Andros? Era lontana da lì, dall’altra parte di Escalon, nella Torre di Ur, al sicuro.

Eppure non poteva convincersi ad andarsene dopo averlo udito.

Rimase lì, paralizzato, aspettando. E poi lo sentì di nuovo. Gli vennero i brividi. Questa volta ne era certo. Era Kyra.

“Kyra!” disse a voce alta, sgranando gli occhi.

Senza pensarci voltò la schiena agli altri e all’uscita, e corse indietro verso la città in fiamme.

“Dove stai andando!?” gli gridò dietro Motley.

“Kyra è qui!” rispose lui senza smettere di correre. “Ed è in pericolo!”

“Sei pazzo!” disse Motley avvicinandoglisi e afferrandolo per una spalla. “Stai correndo indietro verso una morte certa!”

Ma Duncan, determinato, si scrollГІ di dosso la mano di Motley e continuГІ a correre.

“Morte certa,” rispose, “sarebbe voltare le spalle alla figlia che amo.”

Duncan non si fermГІ svoltando da solo nel vicolo, correndo verso la morte, verso la cittГ  in fiamme. Sapeva che avrebbe significato la sua morte. E non gli interessava. Almeno poteva rivedere Kyra.

Kyra, pensГІ. Aspettami.




CAPITOLO CINQUE


Il Santissimo e Supremo Ra sedeva sul suo trono dorato nella capitale, nel mezzo di Andros, e guardava la sala piena di generali, schiavi e supplicanti sfregando le mani sui braccioli del trono e provando immensa soddisfazione. Sapeva di doversi sentire vittorioso e sazio dopo tutto quello che aveva ottenuto. Dopotutto Escalon era stata l’ultima roccaforte della libertà nel mondo, l’ultimo luogo nel suo impero che ancora si sottraeva alla suo soggiogazione, e negli ultimi giorni era riuscito a condurre i suoi eserciti in uno dei più grandiosi attacchi di tutti i tempi. Chiuse gli occhi e sorrise godendosi l’immagine del passaggio alla Porta Meridionale, senza impedimenti; della razzia di ogni cittadina nel sud di Escalon; del passaggio verso nord per tutto il tragitto fino alla capitale. Sorrise pensando che quel paese, una volta così abbondante e ricco, ora era un’enorme tomba.

Sapeva che a nord Escalon non se la passava tanto meglio. Le sue flotte erano riuscite a inondare la grandiosa cittГ  di Ur, della quale ora non restava che il ricordo. Sulla costa orientale le sue navi avevano conquistato il Mare di Lacrime e distrutto tutte le cittГ  portuali che si affacciavano sul mare, iniziando con Esefo. Neanche un centimetro di Escalon restava fuori dalla sua morsa.

E cosa più importante, il più ribelle comandante di Escalon, l’agitatore che aveva dato inizio a tutto questo – Duncan – si trovava in prigione come suo prigioniero. In effetti, mentre osservava il sole sorgere attraverso la finestra, Ra era frastornato dall’eccitazione all’idea di portare personalmente Duncan sul patibolo. Avrebbe lui stesso tirato la corda e l’avrebbe guardato morire. Sorrise al pensiero. Quello sarebbe stato un giorno meraviglioso.

La vittoria di Ra era stata completa su tutti i fronti, eppure lui non si sentiva ancora del tutto sazio. Stava lì seduto e guardava dentro se stesso cercando di capire quel sentimento di insoddisfazione. Aveva avuto tutto ciò che desiderava. Cosa gli mancava ancora?

Ra non si era mai sentito sazio, in nessuna delle sue campagne né in tutta la sua vita. C’era sempre stato qualcosa che gli bruciava dentro, un desiderio di avere di più, e di più ancora. Anche ora lo provava. Cos’altro poteva fare per esaudire i suoi desideri? Per rendere la sua vittoria realmente completa?

Lentamente gli venne in mente un piano. Poteva uccidere ogni uomo, donna e bambino rimasti ad Escalon. Prima di tutto poteva stuprare le donne e torturare gli uomini. Sorrise. Sì, questo sarebbe stato d’aiuto. In effetti poteva iniziare proprio adesso.

Ra guardГІ i suoi consiglieri, centinaia dei suoi migliori uomini, tutti inginocchiati di fronte a lui con le teste abbassate, nessuno che osasse incrociare il suo sguardo. Fissavano tutti il pavimento senza emettere un solo suono, proprio come ci si aspettava facessero. Dopotutto erano fortunati a trovarsi alla presenza di un dio quale lui era.

Ra si schiarì la voce.

“Portatemi subito dieci delle donne più belle rimaste sulla terra di Escalon,” ordinò con voce profonda e tonante che riecheggiò nella stanza.

Uno dei suoi servitori chinГІ la testa fino a toccare il pavimento di marmo.

“Sì, mio signore,” disse voltandosi e correndo via.

Ma quando il servitore raggiunse la porta, quella si aprì di schianto prima che la toccasse e un altro intendente irruppe nella sala freneticamente, correndo verso il trono di Ra. Tutti gli altri nella stanza sussultarono, inorriditi dall’affronto. Nessuno avrebbe mai osato entrare in una stanza, tantomeno avvicinarsi a Ra, senza essere stato formalmente invitato. Farlo significava morte certa.

Il servitore si buttГІ a terra con il volto contro il pavimento e Ra lo fissГІ disgustato.

“Uccidetelo,” ordinò.

Immediatamente numerosi soldati accorsero e afferrarono l’uomo. Lo trascinarono via mentre si dimenava e gridava: “Aspettate, mio meraviglioso signore! Porto urgenti notizie, notizie che dovete sentire subito!”

Ra lasciò che l’uomo venisse trascinato via, senza curarsi delle notizie. L’uomo si dimenò per tutto il tragitto, fino a che raggiunsero l’uscita e mentre la porta stava per chiudersi gridò: “Duncan è fuggito!”

Ra, provando una scossa di shock, improvvisamente sollevГІ la mano destra. Gli uomini si fermarono, tenendo il messaggero fermo alla porta.

Accigliato, Ra lentamente esaminò l’informazione. Si alzò in piedi e respirò profondamente. Scese i gradini d’avorio, uno alla volta, con i suoi stivali dorati che riecheggiavano mentre attraversava l’intera sala. Tutti erano in silenzio nella stanza, la tensione era palpabile. Ra alla fine si fermò di fronte al messaggero. A ogni passo sentiva la rabbia crescere dentro di sé.

“Ripetilo,” ordinò con voce oscura e minacciosa.

Il messaggero tremava.

“Mi spiace tantissimo, mio grandioso e santo Supremo Signore,” disse con voce tremante, “ma Duncan è fuggito. Qualcuno ha fatto irruzione nelle prigioni e l’ha fatto uscire. I nostri uomini lo stanno cercando in tutta la capitale anche ora che stiamo parlando!”

Ra si sentì avvampare in volto, sentì il fuoco che gli ardeva dentro. Serrò i pugni. Non lo avrebbe permesso. Non avrebbe permesso che lo derubassero dell’ultimo pezzo della sua soddisfazione.

“Grazie per avermi portato questa notizia,” disse.

Sorrise, e per un momento il messaggero si sentì rilassato, iniziò quasi a sorridergli in risposta, gonfiandosi di orgoglio.

Ra gli avrebbe sicuramente dato una ricompensa. Fece un passo avanti e lentamente mise una mano attorno al collo dell’uomo, quindi strinse con forza sempre maggiore. L’uomo strabuzzò gli occhi fuori dalla testa e prese i polsi di Ra, ma non riuscì a tirargli via le mani. Ra sapeva che non ne sarebbe stato capace. Dopotutto era solo un uomo e Ra era il grandioso e santo Ra, l’uomo che un tempo era stato un dio.

L’uomo collassò al suolo, morto. Ma questo diede a Ra ben poca soddisfazione.

“Uomini!” tuonò.

I suoi comandanti scattarono in azione e lo guardarono con paura.

“Bloccate ogni uscita della città! Spedite ogni soldato che abbiamo a trovare Duncan. E mentre siete impegnati a fare questo, uccidete ogni uomo donna e bambino all’interno della città di Escalon, fino all’ultimo. ANDATE!”

“Sì, supremo signore!” risposero gli uomini tutti insieme.

Uscirono tutti di corsa dalla stanza inciampando l’uno contro l’altro, tutti lanciandosi a compiere l’ordine del loro padrone più rapidamente degli altri.

Ra si voltГІ, fumante di rabbia, e fece un profondo respiro attraversando da solo la sala che ora era vuota. Si portГІ su un largo balcone esterno e guardГІ la cittГ .

Quando fu fuori sentì l’aria fresca e scrutò la caotica città di sotto. Fu felice di vedere che i suoi soldati ne occupavano la maggior parte. Si chiese dove potesse essere Duncan. Lo ammirava, doveva ammetterlo. Forse vedeva addirittura in lui qualcosa di se stesso. Eppure Duncan avrebbe imparato cosa volesse dire tagliare la strada al grandioso Ra. Avrebbe imparato ad accettare di buon grado la morte. Avrebbe imparato a sottomettersi, come il resto del mondo.

Iniziarono a risuonare le grida e Ra abbassГІ lo sguardo vedendo i suoi uomini che sollevavano le spade e le lance trafiggendo ignari uomini, donne e bambini alle spalle. Secondo i suoi ordini le strade iniziarono a riempirsi di sangue. Ra sospirГІ, lieto di questo e provando una certa soddisfazione. Tutti quegli Escaloniani avrebbero imparato la lezione. Era la stessa cosa ovunque andasse, in ogni terra conquistasse. Avrebbero pagato per i peccati del loro comandante.

Un improvviso rumore squarciò l’aria, ancora più forte delle grida che provenivano dal basso, risvegliando di soprassalto Ra dai suoi pensieri. Non capiva cosa fosse o perché lo disturbasse tanto. Era un basso e profondo rombo, qualcosa di simile a un tuono.

Proprio quando si chiedeva se l’avesse realmente udito, quello si ripropose e Ra si rese conto che non veniva dal suolo, ma dal cielo.

Sollevò lo sguardo, sorpreso, scrutando le nuvole, perplesso. Il rumore si ripeté di nuovo, poi di nuovo ancora, e Ra capì che non era un tuono. Era qualcosa di molto più minaccioso.

Mentre esaminava le nuvole grigie e ondeggianti, Ra improvvisamente vide qualcosa che mai avrebbe dimenticato. Sbatté le palpebre, certo di essersi immaginato tutto. Ma non servì a nulla distogliere lo sguardo più volte: la visione era ancora lì.

Draghi. Un intero branco.

Scendevano verso Escalon con gli artigli protesi, le ali sollevate, soffiando fiammate di fuoco. E volando dritti verso di lui.

Prima che potesse addirittura rendersene conto, centinaia di soldati di sotto vennero avvolti dalle fiamme lanciate dai draghi, gridando, imprigionati in una colonna di fuoco. Centinaia di altri gemettero mentre i draghi li facevano a pezzi.

Restando lì, paralizzato dal panico, incredulo, un enorme drago lo prese di mira. Si diresse verso il suo balcone, sollevò gli artigli e si tuffò.

Un attimo dopo tagliò a metà la pietra, mancando per un pelo Ra, che si abbassò. Terrorizzato Ra sentì la pietra cedere sotto i suoi piedi.

Un attimo dopo si sentì precipitare, dimenandosi e gridando, verso il suolo. Aveva pensato di essere intoccabile, più grande di tutti loro.

E invece alla fine la morte l’aveva trovato.




CAPITOLO SEI


Kyle faceva roteare il suo bastone con tutto se stesso, esausto mentre si trovava a colpire sia i soldati pandesiani che i troll che gli si avvicinavano da ogni parte. Abbatteva uomini e troll a destra e a sinistra mentre le loro spade ed alabarde sbattevano contro il suo bastone e le scintille volavano ovunque. Anche se li sconfiggeva, provava un profondo dolore alle spalle. Stava combattendo da ore, era ora circondato da ogni lato e sapeva di trovarsi in una situazione critica.

In un primo momento i Pandesiani e i troll avevano combattuto tra loro, lasciandolo libero di lanciarsi contro chi desiderava, ma quando lo avevano visto fare piazza pulita attorno a sé si erano chiaramente resi conto che era nel loro interesse mettersi insieme ad ostacolarlo. Per un attimo i Pandesiani e i troll avevano interrotto il tentativo di ammazzarsi a vicenda e si erano invece concentrati insieme sull’uccidere lui.

Mentre Kyle faceva roteare il bastone e mandava al tappeto tre troll, un Pandesiano riuscì a sgattaiolare dietro di lui e a colpirlo allo stomaco con la sua spada. Kyle gridò per il dolore, ruotando per evitare il peggio, ma ad ogni modo sanguinando. Prima che potesse schivarlo, nello stesso istante un troll sollevò una clava e lo colpì alla spalla facendogli cadere il bastone di mano e mandandolo a terra carponi.

Kyle si trovò lì in ginocchio, il dolore che gli pulsava nella spalla mentre cercava di riprendere fiato. Prima che si potesse rimettere in sesto un altro troll si avventò su di lui e gli diede un calcio in faccia, mandandolo sdraiato a terra supino.

Un Pandesiano si fece quindi avanti con una lunga lancia, la sollevГІ in alto con entrambe le mani e la calГІ contro la sua testa.

Kyle, non pronto a morire, rotolГІ di lato e la lancia si piantГІ a terra a pochi centimetri dal suo volto. Kyle continuГІ a rotolare, si rimise in piedi e mentre altri due troll lo attaccavano afferrГІ da terra una spada, si voltГІ e li trafisse entrambi.

Mentre molti altri si avvicinavano, Kyle afferrò rapidamente il suo bastone e li colpì tutti, combattendo come un animale accerchiato e creando spazio attorno a sé. Rimase lì in piedi, respirando affannosamente, con il sangue che gli scendeva da un labbro, mentre i suoi avversari formavano un fitto cerchio attorno a lui e gli si avvicinavano sempre più, con gli occhi iniettati di sangue.

Il dolore allo stomaco e alla spalla era insopportabile, ma Kyle cercava di non pensarci e di concentrarsi mentre si trovava lì in piedi al centro. Sapeva di essere di fronte a una morte certa ed era felice almeno di aver salvato Kyra. Che ne valesse la pena e che fosse ora necessario pagarne il prezzo.

Guardò verso l’orizzonte e provò una sensazione di consolazione al pensiero che lei se ne fosse andata da tutto questo, che fosse fuggita in groppa ad Andor. Si chiese se fosse al sicuro e pregò che fosse così.

Kyle aveva combattuto brillantemente, per ore, un uomo solo contro entrambi quegli eserciti, e aveva ucciso migliaia di uomini e troll. Ma adesso sapeva di essere troppo debole per andare avanti. Erano semplicemente in troppi e sembravano non finire mai. Si era ritrovato nel mezzo di una guerra, con i troll che arrivavano da nord mentre i Pandesiani si riversavano da sud. Ora non poteva piГ№ battersi contro entrambi.

Kyle provГІ un improvviso dolore alle costole dopo che un troll si era avvicinato di colpo da dietro e lo aveva colpito alla schiena con il manico della sua ascia. Kyle ruotГІ con il suo bastone colpendo il troll alla gola e facendolo cadere. Ma nello stesso istante due soldati pandesiani corsero in avanti e lo colpirono con i loro scudi. Il dolore alla testa era fortissimo e Kyle cadde a terra, sapendo che questa volta era definitivo. Era troppo debole per rialzarsi.

Chiuse gli occhi e nella sua mente gli scorsero le immagini della sua vita. Vide tutti i Sorveglianti, gente che aveva servito per secoli, vide tutte le persone che aveva conosciuto e amato. Soprattutto vide il volto di Kyra. L’unica cosa di cui si pentiva era di non poterla rivedere prima di morire.

Kyle sollevò lo sguardo mentre tre orribili troll si avvicinavano sollevando le loro alabarde. Sapeva che era giunta l’ora.

Mentre iniziavano a calarle, ogni cosa divenne chiara. Sentì il rumore del vento e il vero odore dell’aria fresca e frizzante. Per la prima volta in secoli si sentì veramente vivo. Si chiese perché non fosse mai stato capace di apprezzare la vita fino ad ora che era sul punto di trovarsi quasi morto.

Mentre chiudeva gli occhi e si preparava ad accogliere la morte, improvvisamente un ruggito perforò l’aria e lo destò dai suoi pensieri. Kyle sbatté le palpebre e guardò, vedendo qualcosa che emergeva dalle nuvole. All’inizio pensò che si trattasse di angeli che venivano a prendere il suo corpo morto.

Ma poi notò che i troll sopra di lui rimanevano paralizzati dalla confusione loro stessi, tutti intenti a scrutare il cielo. Kyle capì che era reale. Era qualcos’altro.

E poi ne vide uno scorcio e il cuore gli si fermГІ.

Draghi.

Un branco di draghi volava in cerchio e scendeva furiosamente, soffiando fuoco. Si calavano rapidamente, con gli artigli protesi, scatenando le loro fiammate senza avviso, uccidendo centinaia di soldati e troll in un colpo solo. Un’ondata di fuoco discese sulla terra diffondendosi in pochi secondi e arrostendo anche i troll che si trovavano sopra a Kyle. Lui, vedendo le fiamme che si avvicinavano, afferrò un pesante scudo di rame accanto a lui e si riparò dietro ad esso rannicchiandosi a palla. Il calore era intenso mentre le fiamme lo lambivano quasi bruciandogli le mani, ma resistette. I soldati e troll morti caddero su di lui e le loro armature gli fornirono ulteriore protezione mentre un’altra ondata di fuoco sopraggiungeva, questa volta ancora più potente. Ironicamente quei troll e quei Pandesiani ora lo stavano salvando dalla morte.

Kyle resistette, sudando, quasi incapace di sopportare il calore mentre i draghi continuavano a sputare fuoco. Non potendo resistere oltre, perse i sensi, pregando con tutto se stesso di non venire bruciato vivo.




CAPITOLO SETTE


Vesuvio si trovava in cima alla scogliera, accanto alla Torre di Kos, e fissava le onde del Mare dei Dispiaceri che si infrangevano in basso e il vapore che saliva da dove la Spada di Fuoco era sprofondata. Sorrideva. Ce l’aveva fatta. La Spada di Fuoco non esisteva più. Aveva derubato la Torre di Kos – aveva derubato Escalon – del suo più prezioso artefatto. Una volta per tutte aveva abbassato Le Fiamme.

Vesuvio era raggiante, frastornato dall’eccitazione. Le mani ancora gli pulsavano per aver stretto la spada incandescente e abbassando lo sguardo vi vide il marchio impresso. Fece scorrere le dita sopra alla cicatrice fresca, sapendo che sarebbe rimasta lì per sempre: il marchio del suo successo. Il dolore era accecante, ma si sforzò di eliminarlo dalla mente, si sforzò di non pensarci. In effetti aveva da tempo imparato a godere del dolore.

Dopo tutti quei secoli, finalmente ora il suo popolo avrebbe avuto ciò che spettava loro. Non sarebbero più rimasti relegati a Marda, al limite settentrionale dell’impero, in una terra arida e sterile. Ora avrebbero avuto la loro vendetta per essere stati relegati dietro a un muro di fuoco, avrebbero invaso Escalon e l’avrebbero fatta a pezzi.

Il cuore si fermò per un battito al pensiero. Non vedeva l’ora di voltarsi, attraversare il Dito del Diavolo e tornare sulla terraferma per incontrarsi con il suo popolo nel centro di Escalon. L’intera nazione di troll si sarebbe diretta verso Andros e insieme, una piazza alla volta, avrebbero distrutto Escalon per sempre. Quella sarebbe diventata la nuova patria dei troll.

Ma mentre stava lì in piedi a guardare le onde e il punto in cui era affondata la spada, a Vesuvio venne in mente una cosa. Guardò verso l’orizzonte esaminando le acque nere della Baia della Morte, dove c’era qualcosa che restava ancora sospeso, qualcosa che rendeva la sua soddisfazione incompleta. Scrutando l’orizzonte, in lontananza scorse una piccola nave con le vele bianche che si allontanava dalla Baia della Morte. Aveva trovato la torre vuota. Le porte erano state lasciate aperte. La spada lo stava aspettando. I guardiani l’avevano abbandonata. Era stato tutto molto facile.

PerchГ©?

Vesuvio sapeva che l’assassino Merk era a caccia della spada: lo aveva seguito per tutto il tragitto attraverso il Dito del Diavolo. Allora perché avrebbe dovuto lasciarla lì? Perché se ne stava andando per mare lontano da lì, nel mezzo della Baia della Morte? Chi era quella donna nella nave con lui? C’era lei a guardia della torre? Quali segreti nascondeva?

E dove stavano andando?

Vesuvio guardò il vapore che saliva dall’oceano, poi riportò lo sguardo verso l’orizzonte e sentì il sangue che ardeva nelle vene. Non poteva fare a meno di sentire di essere stato in qualche modo raggirato. Che gli fosse stata strappata di mano una vittoria completa.

Più ci pensava su e più Vesuvio si rendeva conto che qualcosa non andava. Era stato tutto troppo comodo. Osservò i violenti mari sotto di lui, le onde che si infrangevano contro gli scogli, il vapore che saliva, e capì che mai avrebbe saputo la verità. Mai avrebbe saputo se la Spada di Fuoco era effettivamente affondata del tutto. Se lì c’era qualcosa di cui non si stava accorgendo. Se quella era stata la spada giusta. Se anche Le Fiamme sarebbero rimaste giù.

Vesuvio, ardendo di indignazione, giunse a una decisione: doveva seguirli. Se non l’avesse fatto, non avrebbe mai saputo la verità. C’era da qualche altra parte un’altra torre segreta? Un’altra spada?

Anche se non era così, anche se aveva portato a termine ciò che doveva fare, Vesuvio era famoso per non lasciare mai in vita nessuna vittima. Mai. Seguiva sempre ogni uomo fino alla morte. E mentre se ne stava lì a guardare quei due che sfuggivano alla sua presa, non si sentiva a posto. Semplicemente sapeva di non poterli lasciar andare.

Vesuvio guardГІ verso le decine di navi ancora ancorate a riva, abbandonate, che dondolavano selvaggiamente tra le onde, come se lo stessero aspettando. E subito giunse a una decisione.

“Alle navi!” comandò al suo esercito di troll.

Come un unico corpo tutti si lanciarono ad eseguire il suo ordine, correndo lungo la riva rocciosa e salendo a bordo delle navi. Vesuvio li seguì e si mise al timone dell’ultima imbarcazione.

Si voltГІ, sollevГІ in aria la sua alabarda e tagliГІ la fune.

Un attimo dopo aveva salpato, tutti i troll con lui, tutti ammucchiati sulle navi, nella leggendaria Baia della Morte. Da qualche parte all’orizzonte si trovavano Merk e quella ragazza. E Vesuvio non si sarebbe fermato, per nessuno motivo, fino a che entrambi non fossero stati morti.




CAPITOLO OTTO


Merk si teneva stretto al corrimano mentre stava alla prua della piccola nave insieme alla figlia dell’ex re Tarnis, entrambi perduti nel loro mondo, in balia delle violente onde della Baia della Morte. Merk fissava l’acqua nera e mossa dal vento, chiazzata di spuma bianca, e non poteva fare a meno di farsi delle domande sulla donna che aveva vicino. Il mistero che la circondava si era solo infittito da quando erano partiti dalla Torre di Kos e si erano imbarcati su quella nave, diretti verso un qualche luogo misterioso. Nella mente aveva un sacco di domande che la riguardavano.

La figlia di Tarnis. Per Merk era difficile da credere. Cosa ci faceva lì, all’estremità del Dito del Diavolo, rinchiusa nella Torre di Kos? Si stava nascondendo? Era in esilio? La proteggevano? E da chi?

Merk sentiva che lei, con i suoi occhi trasparenti, la sua pelle pallidissima e il suo portamento flemmatico, apparteneva a un’altra razza. Ma se era così, allora chi era sua madre? Perché l’avevano lasciata da sola a guardia della Spada di Fuoco e della Torre di Kos? Dov’era andata tutta l’altra gente?

E cosa ancora piГ№ urgente: dove lo stava portando adesso?

Con una mano sul timone, la giovane faceva virare la nave portandola sempre più lontana, verso qualche destinazione all’orizzonte che Merk poteva solo intuire.

“Non mi hai ancora detto dove stiamo andando,” le disse con voce alta, in modo da poter essere sentito anche sopra il rumore del vento.

Seguì un lungo silenzio, così lungo che Merk era insicuro che lei avrebbe mai risposto.

“Almeno dimmi il tuo nome allora,” aggiunse, rendendosi conto che non glielo aveva mai detto.

“Lorna,” rispose.

Lorna. Gli piaceva quel suono.

“I Tre Pugnali,” aggiunse voltandosi verso di lui. “Ecco dove stiamo andando.”

Merk si accigliГІ.

“I Tre Pugnali?” chiese sorpreso.

Lei si limitГІ a guardare fisso davanti a sГ©.

Ma Merk era frastornato dall’informazione. Le isole più remote di tutta Escalon. I Tre Pugnali erano così lontani, nella Baia della Morte, che non aveva mai realmente sentito di qualcuno che vi fosse andato. Knosso, ovviamente, la leggendaria isola e fortezza, era l’ultima di quell’arcipelago e una leggenda narrava che lì si trovassero i più feroci guerrieri di Escalon. Erano uomini che vivevano su un’isola desolata, staccata da una penisola altrettanto desolata, nel tratto di mare più pericoloso che esistesse. Erano uomini che si diceva fossero grezzi come il mare che li circondava. Merk non ne aveva mai incontrato uno di persona. A nessuno mai era capitato. Erano più leggenda che realtà.

“I tuoi Sorveglianti si sono ritirati lì?” chiese.

Lorna annuì.

“Ci aspettano,” disse.

Merk si voltò per guardarsi alle spalle, volendo dare un’ultima occhiata alla Torre di Kos, e così facendo il cuore subito gli sprofondò nel petto per ciò che vide: lì all’orizzonte, intente a seguirli, c’erano decine di navi con le vele spiegate.

“Abbiamo compagnia,” disse.

Lorna, con sua sorpresa, non si voltГІ neppure e si limitГІ ad annuire.

“Ci inseguiranno fino ai confini della terra,” disse con calma.

Merk era confuso.

“Anche se hanno la Spada di Fuoco?”

“Non è mai stata la spada l’obiettivo della loro caccia,” lo corresse. “Ma la distruzione. La distruzione di tutti noi.”

“E quando ci raggiungeranno?” chiese Merk. “Non possiamo batterci da soli contro un esercito di troll. Né può farlo una piccola isola di guerrieri, sebbene forti e valorosi.”

Lei annuì, ancora impassibile.

“È chiaro che potremmo morire,” rispose. “Ma dobbiamo farlo in compagnia dei nostri amici Sorveglianti, combattendo per ciò che sappiamo essere vero. Ci sono ancora tanti segreti da sorvegliare.”

“Segreti?” chiese Merk.

Ma lei rimase in silenzio a guardare le acque.

Stava per chiederle altro, quando un’improvvisa folata di vento fece quasi capovolgere la barca. Merk cadde prono, andando a sbattere contro lo scafo e scivolando oltre il bordo.

Barcollando, si aggrappò al corrimano per tenersi in piedi, mentre le gambe affondavano nell’acqua, acqua così gelida da fargli pensare che sarebbe morto congelato. Si tenne con una sola mano, per lo più sommerso, e mentre si guardava alle spalle il cuore gli balzò in gola vedendo un branco di squali rossi che improvvisamente gli si avvicinavano. Provò un tremendo dolore mentre i denti iniziavano ad affondargli in un polpaccio e vide nell’acqua del sangue che seppe essere il suo.

Un attimo dopo Lorna si avvicinò e colpì l’acqua con il suo bastone. Subito una luce bianca e brillante si propagò sulla superficie e gli squali si allontanarono. Con lo stesso movimento Lorna afferrò la mano di Merk e lo trascinò di nuovo a bordo.

La barca si raddrizzГІ mentre il vento calava e Merk sedeva sul ponte, bagnato e infreddolito, respirando affannosamente e con un terribile dolore al polpaccio.

Lorna esaminГІ la ferita, strappГІ un pezzo di stoffa dalla propria camicia e glielo avvolse attorno alla gamba tamponando il sangue.

“Mi hai salvato la vita,” le disse Merk con immensa gratitudine. “Ce n’erano a decine di quei cosi là sotto. Mi avrebbero ammazzato.”

Lei lo guardГІ con i suoi grandi e ipnotici occhi azzurri.

“Quelle creature sono la minima delle tue preoccupazioni qui,” gli disse.

Continuarono a navigare in silenzio e Merk si rimise lentamente in piedi guardando l’orizzonte, tenendosi saldo al corrimano, questa volta con entrambe le mani. Scrutava l’orizzonte, ma per quanto guardasse non vedeva alcun segno dei Tre Pugnali. Guardò in basso ed esaminò le acque della Baia della Morte, ora con nuovo rispetto e paura. Guardò con attenzione e vide branchi di piccoli squali rossi sotto la superficie, appena visibili, per lo più nascosti dall’acqua. Ora sapeva che immergersi in quelle acque significava morte certa, e non poteva fare a meno di chiedersi quali altre creature popolassero quel mare.

Il silenzio si fece più profondo, interrotto solo dall’ululare del vento. Dopo che furono passate altre ore, Merk, sentendosi desolato là fuori, provò la necessità di parlare.

“Cos’hai fatto con quel bastone?” chiese voltandosi verso Lorna. “Non ho mai visto niente di simile.”

Lorna rimase impassibile e continuò a guardare l’orizzonte.

“Dimmi di te,” insistette lui.

Lei gli lanciò un’occhiata, poi si rigirò verso l’orizzonte.

“Cosa vorresti sapere?” gli chiese.

“Qualsiasi cosa,” rispose Merk. “Tutto.”

Lei fece silenzio a lungo, poi alla fine disse: “Inizia tu.”

Merk la guardГІ sorpreso.

“Io?” chiese. “Cosa vuoi sapere?”

“Dimmi della tua vita,” gli disse. “Qualsiasi cosa che tu voglia raccontarmi.”

Merk fece un respiro profondo e si voltò a guardare l’orizzonte. La sua vita era argomento del quale non voleva parlare.

Alla fine, rendendosi conto che avevano un lungo viaggio davanti a loro, sospirГІ. Sapeva di dover affrontare se stesso prima o poi, anche se non ne era fiero.

“Per la maggior parte della mia vita sono stato un assassino,” disse lentamente, con rammarico, fissando l’orizzonte. La sua voce era greve e piena di ripugnanza per se stesso. “Non ne sono fiero. Ma ero il migliore in ciò che facevo. Venivo richiesto da re e regine. Nessuno poteva rivaleggiare con me quanto ad abilità.”

Merk fece silenzio a lungo, intrappolato nei ricordi di una vita che rifiutava, ricordi che avrebbe volentieri dimenticato.

“E ora?” chiese lei sottovoce.

Merk fu grato di non trovare alcun giudizio nella sua voce, diversamente da quanto accadeva solitamente con altre persone. SospirГІ.

“Ora,” disse, “non lo faccio più. Non sono più quella persona. Ho giurato di rinunciare alla violenza. Di mettermi al servizio di una causa. Eppure, per quanto ci provi, sembra che non mi ci possa allontanare. Sembra che la violenza mi trovi ovunque. Sembra che ci sia sempre un’altra causa.”

“E qual è la tua causa?” chiese Lorna.

Merk ci pensГІ.

“Inizialmente era di diventare Sorvegliante,” rispose. “Di dedicarmi al servizio. Di sorvegliare la Torre di Ur, di proteggere la Spada di Fuoco. Quando la torre è crollata, ho sentito che la mia causa era di raggiungere la Torre di Kos, di salvare la spada.”

SospirГІ.

“E ora eccoci qui, nel mezzo della Baia della Morte, la spada sparita, i troll al seguito, diretti verso un desolato arcipelago di isole,” continuò Lorna.

Merk si accigliГІ, per niente divertito.

“Ho perso la mia causa,” disse. “Ho perso lo scopo della mia vita. Non mi riconosco più. Non so dove andare.”

Lorna annuì.

“Questo è un buon punto,” disse. “Un luogo di incertezza è sempre un luogo di possibilità.”

Merk la fissГІ pensieroso. Era toccato dalla sua mancanza di condanna. Chiunque sentisse la sua storia lo disprezzava.

“Tu non mi giudichi,” osservò, stupefatto, “per ciò che sono.”

Lorna lo fissò con occhi così intensi che pareva di avere di fronte la luna.

“Questo è ciò che eri,” lo corresse. “Non ciò che sei adesso. Come posso giudicarti per ciò che eri un tempo? Io giudico solo gli uomini che ho di fronte.”

Merk si sentì rincuorato dalla sua risposta.

“E chi sono adesso?” chiese, desideroso di conoscere la risposta, insicuro lui stesso di quale fosse.

Lei lo fissГІ.

“Vedo un bravo guerriero,” rispose. “Un uomo generoso. Un uomo che vuole aiutare gli altri. E un uomo pieno di desideri. Un uomo perduto. Un uomo che non si è mai conosciuto.”

Merk soppesГІ le sue parole e quelle calarono profondamente dentro di lui. Sentiva che erano tutte vere. Verissime.

Calò un lungo silenzio tra loro, mentre la piccola imbarcazione dondolava tra le acque dirigendosi lentamente verso occidente. Merk ricontrollò la situazione dietro di loro e vide che la flotta dei troll era sempre all’orizzonte, ancora a discreta distanza.

“E tu?” chiese alla fine. “Sei la figlia di Tarnis o no?”

Lei scrutò l’orizzonte con occhi luccicanti e alla fine annuì.

“Sì,” rispose.

Merk era stupito di sentirlo.

“Allora perché eri lì?” chiese.

Lei sospirГІ.

“Sono stata nascosta lì fin da bambina.”

“Ma perché?”

Lorna scrollГІ le spalle.

“Suppongo fosse troppo pericoloso tenermi nella capitale. La gente poteva venire a sapere che ero la figlia illegittima del re. Qui ero più al sicuro.”

“Più al sicuro qui?” chiese Merk. “Ai confini della terra?”

“Mi è stato consegnato un segreto da sorvegliare,” spiegò lei. “Ancora più importante del regno di Escalon.”

Il cuore di Merk batteva forte mentre pensava di cosa potesse trattarsi.

“Me lo dirai?” le chiese.

Ma Lorna si voltò lentamente e indicò davanti a loro. Merk seguì il suo sguardo e lì, all’orizzonte, vide il sole che illuminava tre isole desolate che si ergevano dal mare, l’ultima con l’aspetto di una fortezza di solida roccia. Era il luogo più desolato ma bello che Merk avesse mai visto. Un luogo abbastanza lontano per detenere i segreti della magia e del potere.

“Benvenuto,” disse Lorna, “a Knosso.”




CAPITOLO NOVE


Duncan, solo, zoppicante per il male alle caviglie e ai polsi, correva tra le strade di Andros ignorando il dolore, spinto dall’adrenalina e con un unico pensiero in mente: salvare Kyra. Il suo grido di aiuto gli riecheggiava nella mente, nell’anima, e gli faceva dimenticare le ferite mentre sfrecciava tra le vie, sudando, diretto verso quel suono.

Duncan correva girando di qua e di là lungo stretti vicoli, sapendo che Kyra si trovava dietro quelle spesse pareti. Tutt’attorno a lui i draghi volavano e sputavano fuoco sulle strade facendo irradiare il tremendo calore dalle pareti. Era così caldo che Duncan poteva sentirlo anche dall’altra parte dei muri. Sperava e pregava che non scendessero nel suo vicolo, altrimenti sarebbe finita.

Nonostante il dolore Duncan non si fermò. Né mai si voltò. Guidato dall’istinto paterno, fisicamente non sarebbe potuto andare da nessun’altra parte che verso la voce di sua figlia. Gli passò nella mente che forse stava correndo incontro alla sua morte, che si stava lasciando scappare una possibilità di fuga, ma questo non lo rallentò. Sua figlia era in trappola e questo era tutto ciò che contava per lui in quel momento.

“NO!” ripeté il grido.

Duncan aveva la pelle d’oca. Eccolo ancora il suo strillo. Sentì una scossa al cuore udendolo. Corse ancora più veloce, dando tutto se stesso, imboccando un altro vicolo.

Alla fine, svoltando un’altra volta, passò oltre un basso arco di pietra e il cielo si aprì davanti a lui.

Duncan si ritrovГІ in un piazzale aperto e rimanendone al limitare fu stupito dalla vista che si presentГІ davanti ai suoi occhi. Le fiamme riempivano la parte opposta del cortile mentre i draghi volavano in cielo soffiando verso il basso, e dietro a una bassa balza di pietra, a malapena protetta da tutto quel fuoco, si trovava sua figlia.

Kyra.

Era lì, in carne e ossa, viva.

E la cosa ancora più scioccante fu la vista di un cucciolo di drago che giaceva accanto a lei. Duncan rimase a guardare, confuso dalla scena. All’inizio pensò che Kyra stesse lottando per uccidere un drago caduto dal cielo, ma poi vide che il drago era schiacciato a terra da un masso. Era confuso vedendo sua figlia che cercava di spingere via l’enorme sasso. Cosa stava cercando di fare? Liberare un drago? Perché?

“Kyra!” gridò.

Duncan attraversГІ di corsa il cortile, evitando le fiammate, evitando i colpi degli artigli dei draghi. Corse fino a che non la raggiunse.

Subito lei lo guardГІ rimanendo scioccata. Poi la gioia apparve sul suo volto.

“Padre!” gridò.

Corse tra le sue braccia e Duncan la abbracciò. Mentre la teneva stretta si sentì ristorato, come se una parte di sé fosse tornata al suo posto.

Lacrime di gioia scorsero lungo le sue guance. Non poteva credere che Kyra fosse davvero lì, e viva.

Lei lo teneva stretto e lui teneva stretta lei, sollevato mentre la sentiva tremare tra le sue braccia, illesa.

Ricordando si ritrasse da lei, si voltò verso il drago, sguainò la spada e la sollevò con l’intento di tagliargli la testa per proteggere sua figlia.

“No!” gridò Kyra.

Stupì Duncan correndo avanti e afferrandogli il polso – una stretta sorprendentemente forte – per evitare il colpo. Non era più la ragazzina che aveva lasciato Volis: ora era chiaramente un guerriero.

Duncan la guardГІ a bocca aperta.

“Non fargli del male,” gli ordinò lei con voce sicura, la voce di un guerriero. “Theon è un mio amico.”

Duncan la guardГІ stupefatto.

“Un tuo amico?” chiese. “Un drago?”

“Ti prego padre,” disse. “C’è poco tempo per spiegare. Aiutaci. È schiacciato a terra. Non riesco a spostare questo masso da sola.”

Duncan, per quanto fosse scioccato, si fidГІ di lei. RinfoderГІ la spada, le si avvicinГІ e spinse il masso con tutte le sue forze. Ma per quanto tentasse, lo mosse di ben poco.

“È troppo pesante,” disse. “Non ci riesco, mi spiace.”

Improvvisamente sentì uno sferragliare di armature dietro a lui e voltandosi fu felice di vedere Aidan, Anvin, Cassandra e Bianco correre verso di loro. Erano venuti lì per lui, avevano rischiato anche loro la vita. Un’altra volta.

Senza esitare corsero fino al masso e si misero a spingere.

Quello rotolГІ un poco, ma non si spostГІ del tutto.

Si sentì un respiro ansimante e Duncan si girò vedendo Motley che pure correva per raggiungere gli altri, ormai senza fiato. Si unì a loro e scagliò il proprio peso contro il masso. Questa volta il pezzo di roccia iniziò davvero a rotolare. Motley, l’attore, il folle sovrappeso, quello da cui si sarebbero aspettati meno di tutti, fece la differenza e liberò il drago dal sasso.

Con un’ultima spinta il masso atterrò di schianto in una nube di polvere e il drago fu libero.

Theon balzò in piedi e ruggì, inarcando la schiena e stendendo gli artigli. Infuriato guardò verso il cielo. Un grosso drago viola l’aveva scorto e si stava lanciando dritto verso di loro. Theon, senza esitare un momento, saltò in aria, aprì le fauci e volò versò l’alto andando ad azzannare la giugulare del drago nemico in maniera del tutto inaspettata.

Theon strinse con tutte le sue forze. Il grosso drago ringhiava di rabbia, preso alla sprovvista e chiaramente non aspettandosi così tanto da un cucciolo. I due caddero al di sopra di un muro di pietra dall’altra parte del cortile.

Duncan e gli altri si scambiarono un’occhiata scioccata mentre Theon lottava con l’altro drago, rifiutandosi di lasciar andare la presa e bloccando l’avversario a terra dall’altra parte del piazzale. Theon, feroce, si contorceva ringhiando e senza lasciare la presa fino a che il drago più grosso non si lasciò afflosciò.

Per un momento tutti ebbero un attimo di tregua.

“Kyra!” gridò Aidan.

Kyra abbassГІ lo sguardo e vide il fratellino. Duncan guardГІ con gioia mentre Aidan correva tra le braccia di Kyra. Lei lo abbracciГІ mentre Bianco saltava e le leccava le mani, chiaramente emozionato.

“Fratello mio!” disse Kyra piangendo, gli occhi pieni di lacrime. “Sei vivo.”

Duncan sentì il sollievo nella sua voce.

Gli occhi di Aidan subito si abbassarono tristi.

“Brandon e Braxton sono morti,” le disse.

Kyra impallidì. Si voltò a guardare Duncan e lui annuì dandole solenne conferma.

Improvvisamente Theon si librГІ in volo e atterrГІ vicino a loro, sbattendo le ali e facendo cenno a Kyra di saltargli in groppa. Duncan sentiva i ruggiti provenire dal cielo e sollevando lo sguardo vide che i draghi stavano tutti volando in cerchio preparandosi a scendere a terra.

Con stupore di Duncan Kyra montò in groppa a Theon. Eccola lì, su un drago, forte e fiera, con il perfetto portamento di un grandioso guerriero. Se n’era andata la ragazzina che conosceva un tempo: era stata sostituita da un fiero guerriero, una donna che poteva comandare intere legioni. Non si era mai sentito più orgoglioso prima di quel giorno.

“Non abbiamo tempo. Venite con me,” disse loro. “Tutti quanti. Venite con me.”

Tutti si guardarono sorpresi, e Duncan provò una morsa allo stomaco all’idea di volare su un drago, soprattutto dato che stava sbuffando verso di loro.

“Sbrigatevi!” ripeté Kyra.

Duncan, vedendo il branco di draghi scendere e sapendo che avevano ben poca scelta, scattГІ in azione. Corse insieme ad Aidan, Anvin, Cassandra, Septin, Motley e Bianco e tutti balzarono in groppa al drago.

Duncan strinse le forti e antiche scaglie, meravigliandosi di trovarsi veramente a cavallo di un drago. Era come un sogno.

Si tenne stretto con tutte le sue forze mentre il drago si levava in aria. Lo stomaco si fece piГ№ leggero e stentava a credere a quella sensazione. Per la prima volta in vita sua stava volando in aria, sopra le strade, piГ№ veloce che mai.

Theon, più veloce di tutti loro, volava al di sopra delle vie, svoltando e roteando, così rapido che gli altri draghi non riuscivano a raggiungerlo nel mezzo della confusione e nella polvere della capitale. Duncan guardava verso il basso, stupito di vedere la città dall’alto, di vedere le cime degli edifici, le serpeggianti strade che conducevano fuori come un labirinto.

Kyra guidava Theon brillantemente e Duncan era così fiero di sua figlia, così stupefatto che fosse capace di controllare una bestia come quella. Nel giro di pochi istanti erano liberi, in cielo aperto, oltre le mura della capitale, sfrecciando in volo al di sopra della campagna.

“Dobbiamo andare verso sud!” gridò Anvin. “Ci sono delle formazioni rocciose lì, oltre il perimetro della capitale. Tutti i nostri uomini ci aspettano! Si sono ritirati lì!”

Kyra guidò Theon e presto furono in direzione sud, diretti verso un grosso ammasso di rocce che si vedeva all’orizzonte. Duncan vide davanti a loro, all’orizzonte a sud della capitale, le centinaia di enormi massi tra cui si trovavano piccole caverne.

Mentre si avvicinavano scorse le armature e le armi all’interno delle caverne, che scintillavano nella luce del deserto. Il cuore gli si riempì di gioia nel vedere i suoi uomini là dentro, che lo aspettavano in quel punto di raggruppamento.

Quando Kyra fece calare Theon verso il basso, atterrarono tutti all’ingresso di una grossa caverna. Duncan poté scorgere la paura sui volti dei suoi uomini mentre il drago si avvicinava. Si preparavano chiaramente a un attacco. Ma poi videro Kyra e gli altri sul dorso della bestia e la loro espressione cambiò divenendo scioccata. Abbassarono la guardia.

Duncan smontò insieme a Kyra e agli altri e corse ad abbracciare i suoi uomini, felicissimo di rivederli vivi. C’erano Kavos e Bramthos, Seavig e Arthfael, uomini che avevano rischiato le proprie vite per lui, uomini che pensava di non rivedere mai più.

Duncan si voltГІ e vide Kyra, e fu sorpreso di vedere che non era scesa insieme agli altri.

“Perché stai ancora seduta lì” le chiese. “Non vieni con noi?”

Ma Kyra rimase al suo posto, la schiena dritta e fiera. Scosse solennemente la testa.

“Non posso padre. Ho affari importanti altrove. Per conto di Escalon.”

Duncan la fissГІ, stupito, meravigliato dal forte guerriero che sua figlia era diventata.

“Ma dove?” le chiese. “Dove è più importante che al nostro fianco?”

Lei esitГІ.

“Marda,” rispose.

Duncan provГІ un brivido a quella parola.

“Marda?” sussultò. “Tu? Sola? Non tornerai mai!”

Lei annuì e lui vide nei suoi occhi che già lo sapeva.

“Ho giurato di andare,” rispose, “e non posso abbandonare la mia missione. Ora che siete in salvo, il mio dovere mi chiama. Non mi hai sempre insegnato che il dovere viene per primo, padre?”

Duncan sentì il cuore gonfiarsi di orgoglio a quelle parole. Fece un passo avanti, allungò le braccia e la strinse a sé mentre i suoi uomini si chiudevano in cerchio attorno a loro.

“Kyra, figlia mia. Sei la parte migliore della mia anima.”

Vide che gli occhi le si riempivano di lacrime. Fece un cenno di assenso, piГ№ forte e piГ№ potente che mai, priva dei sentimenti di un tempo. Diede un piccolo colpetto a Theon e lui subito si librГІ in volo. Kyra volГІ fieramente sul suo dorso, sempre piГ№ in alto nel cielo.

Duncan sentì spezzarsi il cuore guardandola andare, diretta verso nord, chiedendosi se mai l’avrebbe rivista, mentre volava da qualche parte verso il buio di Marda.




CAPITOLO DIECI


Kyra stava china in avanti e si teneva stretta alle scaglie di Theon mentre volavano e il vento le scompigliava i capelli. Entravano e uscivano dalle nuvole e le mani le tremavano per il freddo e l’umidità, ma lei ignorava tutto questo e pensava solo ad attraversare Escalon, diretta verso Marda. Niente l’avrebbe mai fermata adesso.

Nella mente di Kyra ripassavano i pensieri di tutto ciò che aveva attraversato e cercava ancora di dare un ordine e un senso al tutto. Pensò a suo padre e si sentì felice di pensarlo al sicuro con i suoi uomini fuori da Andros. Provava un forte senso di soddisfazione. Aveva rischiato più di una volta di morire nel tentativo di raggiungerlo, era stata avvisata di stare alla larga per preservare la propria vita. Ma non si era arresa, sentendo nel proprio cuore che lui aveva bisogno di lei. Aveva imparato una validissima lezione: doveva sempre fidarsi del suo istinto, indipendentemente da quante persone le dessero consigli su cosa fare.

In effetti, pensandoci bene, si rendeva conto che adesso questo era precisamente il motivo per cui Alva l’aveva messa in guardia: era una prova. Le aveva detto chiaramente che sarebbe morta se fosse tornata da suo padre, ma l’aveva fatto solo perché voleva mettere alla prova la sua risoluzione, il suo coraggio. Aveva sempre saputo che sarebbe sopravvissuta. Voleva solo vedere se avrebbe affrontato la battaglia pur pensando di potervi perdere la vita.

Ovviamente nello stesso momento anche suo padre l’aveva: se non fosse arrivato in quel momento, Theon sarebbe ancora stato sotto quelle macerie e lei sarebbe sicuramente morta. Pensando a suo padre che si sacrificava per lei le si gonfiò il cuore. Le vennero le lacrime agli occhi rivedendolo in azione coraggiosamente contro le fiamme, contro i draghi e contro la morte, tutto solo per lei.

Kyra sorrise poi al pensiero di suo fratello Anvin, così felice che anche lui fosse sano e salvo. Pensò ai suoi due fratelli morti e per quanto conflitto e rivalità ci fosse tra loro, il pensiero la addolorò. Desiderava aver potuto essere lì per proteggerli.

PensГІ anche ad Andros, la grandiosa capitale di un tempo, ora un calderone di fiamme, e il cuore le sprofondГІ nel petto. Escalon sarebbe mai tornata alla sua passata gloria?

Erano successe così tante cose tutte in una volta, che Kyra faceva fatica a rimettere tutto in ordine nella sua mente. Era come se il mondo stesse ruotando fuori controllo sotto di lei, come se l’unica costante di quei giorni fosse il cambiamento.

Cercò di levarsi dalla mente quei pensieri e concentrarsi sul viaggio che aveva davanti: Marda. Si sentiva pervasa da un senso di determinazione mentre volava, il cuore le batteva forte in petto ed era ansiosa di arrivare, di trovare il Bastone della Verità. Si tuffò tra le nuvole e guardò in basso continuando a volare. Cercò dei segnali, cercò di vedere quanto mancasse al confine, a Le Fiamme. Mentre scrutava il paesaggio il cuore le sprofondò nel petto vedendo come fosse ridotta la sua patria: vedeva una terra fatta a brandelli, ferita, bruciata dalle fiamme. Vedeva intere fortezze distrutte, che fosse da soldati pandesiani, troll predatori o draghi furiosi. Non ne aveva idea. Vedeva una terra così devastata da essere divenuta irriconoscibile rispetto al luogo che un tempo conosceva e amava. Era difficile a credersi. La Escalon che lei conosceva non esisteva più.

Le sembrava tutto così surreale, era difficile credere che un tale cambiamento potesse avvenire in modo così drastico e rapido. Questo la fece riflettere. E se in quella notte piena di neve non avesse mai incontrato Theo ferito? Il fato di Escalon avrebbe preso un corso diverso?

Oppure era tutto comunque predestinato? Era lei la responsabile di tutto questo, di tutto ciГІ che vedeva lГ  sotto? O ne era stata solo il mezzo? Sarebbe comunque accaduto tutto in un modo diverso?

Kyra avrebbe voluto disperatamente scendere, atterrare là sotto, stare lì ad Escalon e dare il suo aiuto nello scatenare la guerra contro i Pandesiani, contro i troll, aiutare ad aggiustare ciò che poteva. Ma, nonostante questo senso di incombente paura, si sforzò di guardare avanti, di restare concentrata sulla sua missione, di continuare a volare verso nord, da qualche parte verso l’oscurità di Marda.

Kyra rabbrividì. Sapeva che sarebbe stato un viaggio verso la vera essenza del buio. Fin da quando era piccola Marda era stato un luogo di leggenda, un luogo di malvagità oltre ogni limite, tanto che nessuno avrebbe mai considerato l’idea di farvi una visita. Al contrario era un posto da tenere ben separato dal resto del mondo, un luogo dal quale proteggersi, un luogo che grazie al cielo era relegato al di là de Le Fiamme. Ora, per quanto fosse difficile da credere, lei quel luogo lo stava cercando.

Da una parte era pura follia. Eppure d’altro canto la madre di Kyra l’aveva mandata lì e lei sentiva nel profondo che era una vera missione. Sentiva che Marda era il luogo dove c’era bisogno che lei andasse, dove si trovava l’ultima delle prove. Dove si trovava il Bastone della Verità che solo lei poteva recuperare. Era una follia, ma lei poteva sentire già quel bastone, lo sentiva nelle viscere, sentiva che la chiamava, che la attirava a sé come un vecchio amico.

Eppure Kyra, per la prima volta da quando potesse averne memoria, si sentì pervasa da un’ondata di dubbio. Era veramente abbastanza forte per fare una cosa del genere? Per andare a Marda, un luogo dove addirittura suo padre avrebbe avuto paura di avventurarsi? Sentiva che una battaglia si stava combattendo nella sua stessa anima. Tutto dentro di lei gridava che andare a Marda significava morte certa. E lei non voleva morire.

Kyra cercГІ di sforzarsi di essere forte, di non uscire dal sentiero. Sapeva che quel viaggio era un percorso da fare e sapeva che non poteva tirarsi indietro davanti a ciГІ che le veniva chiesto. CercГІ di cacciare dalla mente gli orrori che la attendevano dalla parte opposta de Le Fiamme. Una nazione di troll. Vulcani, lava e cenere. Una nazione di malvagitГ  e stregoneria. Creature e mostri inimmaginabili. CercГІ di non ripensare alle storie che aveva udito da bambina. Una nazione dove la gente faceva a pezzi gli altri per puro divertimento, guidati dal loro capo Vesuvio. Una nazione che viveva per il sangue e per la crudeltГ .

Si tuffarono in basso per un momento al di sotto delle nuvole e Kyra diede un’occhiata giù vedendo, in distanza, che stavano passando al di sopra dell’angolo nord-orientale di Escalon. Il cuore le balzò in gola quando iniziò a riconoscere la campagna: Volis. C’erano le colline della sua città natale, una volta così belle e ora ridotte a una grossa cicatrice rispetto a come erano un tempo. Il cuore le si spezzò alla vista. In lontananza si trovava la fortezza di suo padre, il forte, ora in rovina. Era un grande ammasso di macerie disseminato di cadaveri gettati in posizioni innaturali, visibili addirittura da lì, che guardavano verso il cielo come se chiedere a Kyra come avesse potuto permettere che questo accadesse.

Kyra chiuse gli occhi e cercò di cacciare l’immagine dalla testa, ma non ci riusciva. Era troppo difficile limitarsi a volare sopra a quel luogo che una volta significava così tanto per lei. Sollevò lo sguardo verso l’orizzonte, verso Marda, e capì che avrebbe dovuto andare avanti. Eppure qualcosa dentro di lei le impediva di limitarsi a sorvolare la sua città natale e basta. Doveva fermarsi a guardare con i propri occhi prima di lasciare Escalon per quello che avrebbe potuto essere il suo ultimo viaggio.

Kyra diresse Theon a scendere verso il basso e lo sentì opporre resistenza, come se anche lui si sentisse spinto a non lasciare la propria missione dirigendosi verso Marda. Ma, sebbene con riluttanza, obbedì.

Scesero e atterrarono al centro di quella che un tempo era stata Volis, in passato una trafficata roccaforte piena di vita, con bambini, danze, canti, odore di cibo, i fieri guerrieri di suo padre che andavano avanti e indietro. Le si mozzò il fiato in gola mentre scendeva e si metteva a passeggiare. Lanciò involontariamente un grido. Ora non c’era più niente lì. Solo macerie e un opprimente silenzio, spezzato solo dal rumore del pesante respiro di Theon, del suo grattare a terra con gli artigli, come se lui stesso fosse infuriato, come se fosse ansioso di andarsene. Non poteva biasimarlo: quella città era una tomba adesso.

La ghiaia scricchiolava sotto i suoi stivali mentre Kyra lentamente camminava in quel luogo e una folata di vento soffiava improvvisa dalle pianure bruciate che circondavano il forte. Guardò ovunque, bisognosa di vedere, ma anche di distogliere lo sguardo: era come un incubo. C’era la Riga dei Negozianti, ora ridotta a un lungo cumulo di macerie bruciacchiate. Dall’altra parte l’armeria, ora completamente distrutta, una pila di pietre con il cancello d’ingresso abbattuto. Davanti a lei il grandioso e torreggiante forte, quello dove suo padre aveva tenuto tanti banchetti e feste, dove lei stessa aveva vissuto, che ora giaceva in rovina, con solo poche pareti ancora in piedi. Il cancello era aperto, come ad invitare il mondo ad entrare e vedere ciò che era stato un tempo.




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